Giorno 2. Il viaggio in treno è proseguito tranquillamente fino alle ore 11 del mattino circa, quando (con circa 45 minuti di ritardo) siamo finalmente scesi alla stazione di Da Nang. Ci troviamo nella parte settentrionale del Vietnam del Sud, teoricamente più ricco e florido. Da Nang appare fin dal treno una città grande, con diversi grattacieli ed un porto importante. Condividiamo un taxi per Hoi An, la nostra destinazione, con una coppia di turisti inglesi sulla cinquantina. Passiamo per uno stradone molto ben ordinato, con marciapiedi larghi e asfalto nuovo, poco trafficato. Lasciate sulla sinistra le Marble Mountains, antiche cave di pietra e sede ancor oggi di scalpellini che espongono statue di ogni genere e dimensione (si va dal religioso al pomposo ed infine all’astratto), raggiungiamo Hoi An. Siamo subito colpiti dall’atmosfera stranamente tranquilla, agli antipodi rispetto a quanto abbiamo visto il giorno prima ad Hanoi. All’albergo una signorina in rosa ci accoglie con estrema gentilezza, prende i documenti e ci fa accomodare al bar per un drink di benvenuto (e piatto di frutta). L’albergo è davvero carino e in camera troviamo un sacco di roba gratis: acqua, frutta, caffè, snack, ecc…
Ok, dopo una breve pausa ed una bella lavata siamo in città alla ricerca di qualcosa da mangiare. Scegliamo un piccolo ristorante (3 tavoli) dove ci sono solo locali. Ci sediamo con una famiglia di Hanoi in vacanza, e gustiamo il piatto unico che serve il locale: riso con pollo, accompagnato da una zuppetta leggera e da un piatto di cavoli e carote tagliate finissime (per queste ultime, il condimento consigliato è salsa piccante e di soia mischiate). Il tutto per la cifra di… 80,000 dong in due, che sembrano tanti ma al cambio sono meno di tre euro! Nel pomeriggio camminiamo un po’ per la città vecchia I vecchi edifici, case a uno o due piani gialle e bianche, sono molto spesso ben restaurati ed ospitano negozi, bar/ristoranti, agenzie di viaggio e anche siti storici, come le grandi sale d’assemblea delle antiche famiglie cinesi. C’è qualche tempio da vedere, ma non sembra un granchè. Lentamente le vie, molte interdette al traffico a motore, si popolano di turisti. Ci sediamo ad un instant bar lungo il fiume ad osservare la gente. Turisti coreani in risciò, turisti asiatici con mascherine anti-tutto, tonnellate di europei (moltissimi francesi!), vecchietti che prendono il the con noi seduti sugli sgabelli di plastica, e più in là chiatte che attraversano il fiume stipate all’inverosimile di persone, bici e scooter. Vediamo diversi matrimoni che fanno foto shooting, unavsposa in particolare ci stupisce per la sua favolosa bellezza.
La sera la città si trasforma e con lo scendere del buio si accendono le centinaia, se non migliaia, di lanterne di carta di cui è tappezzata la città vecchia. Lungo il fiume da una parte e dall’altra si riflettono luci di tutti i colori. Lanterne galleggianti sono in vendita per gettarle nel fiume. Particolarmente impressionanti sono i negozi di lanterne, che ne espongono a decine, tutte accese! Ci concediamo il lusso di una cena in un ristorante caro ma consigliato dalla nostra guida: purtroppo in menù c’è ben poco di vietnamita, ripieghiamo allora su un bel piattone di frutti di mare. Tornando all’albergo ci fermiamo ad uno dei tanti locali davvero ben curati per un drink (e qui concordiamo che mai bevemmo cocktail più schifosi ed annacquati).
Tourist trap? Per me, decisamente sì. Ma non ci dispiace, e domani (dopo un giro alle rovine di My Son nei dintorni) torneremo per visitare qualche sito con il biglietto turistico giornaliero, e poi ancora ad immergerci nella notte delle lanterne.